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9 Luglio 2004

Gli avvocati potranno farsi pubblicità?

La Direttiva C.E.E. numero 31 dell'8 Giugno 2000, tra le altre cose, tratta delle professioni regolamentate e prevede che gli stati debbano autorizzare e favorire le comunicazioni commerciali, ossia forme di pubblicità da parte dei professionisti, sempre - peraltro - rispettando le regole deontologiche. Il fine di questa normativa consiste nella realizzazione della libertà del mercato e della libera circolazione delle comunicazioni, pur nel rispetto dell'autonomia degli organi professionali.

Il Consiglio degli Ordini Forensi Europei (Ccbe) ha esaminato le proposte per assicurare lo sviluppo dei servizi professionali in tutta la Comunità Europea. In quest’ottica, due tipi di informazioni vengono particolarmente discusse: cioè le specializzazioni e i costi. In futuro, si potrà immaginare una sorta di shopping list, ossia un elenco di opzioni, con l'elenco di tutte le indicazioni utili per consentire ai potenziali clienti di essere informati al meglio su quanto offerto. Tanto il Ccbe quanto gli organi professionali dei singoli Stati dovranno stabilire al più presto le proprie indicazioni per rendere operativa questa materia.

In pratica, siamo in presenza di un vero e proprio diritto di comunicare e di ricevere informazioni, cui si contrappongono le norme classiche, con cui si regolano le professioni intellettuali, quali il divieto di una pubblicità "ornamentale". Le relative regole, in futuro, dovranno essere interpretate come dei mezzi per migliorare l'attività e l'immagine degli avvocati italiani di fronte a quelli stranieri. Si potranno, così, armonizzare le nuove tendenze e le regole deontologiche, prima fra tutte quella prevista dall’art. 8/1 del Codice Deontologico, in merito all’indipendenza, dignità e onore della professione forense.

 

 

 

 

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